Casa di Deborah: Centro di Aggregazione Intergenerazionale

Abstract

In questo articolo descriviamo come nasce Casa di Deborah che, da uno spazio aggregativo per adolescenti, si trasforma in una comunità diurna attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro sia per adolescenti che per adulti.

Introduzione

Giuseppina Vellone e Deborah Libardi, psicoterapeute e colleghe di studio nell’ambito delle consulenze tecniche per il tribunale, dopo anni di lavoro con criticità e disagi profondi, iniziano a interrogarsi su cosa si potesse fare per prevenire i disagi che le famiglie portavano. Nel periodo in cui queste riflessioni prendevano la forma di un progetto, Deborah muore improvvisamente per una malattia. Nell’avvisare i giovani pazienti della scomparsa della collega, la dott.ssa Vellone si confronta con il vuoto e lo smarrimento che questo lutto ha lasciato, che trova parola nello spaesamento di un adolescente che le chiede “E io adesso dove c****o vado?”

Con il fratello di Deborah e un gruppo di amici, la dott.ssa Vellone fonda, nella primavera del 2018, Famiglie per la Famiglia, un’associazione culturale che ha come obiettivo principale quello di dare un luogo ai ragazzi e in seconda battuta pensare all’organizzazione di convegni ed eventi formativi e divulgativi su tematiche legate alla famiglia.

L’eco della domanda del giovane paziente, così come alcune richieste di supporto arrivate all’Associazione da parte di parrocchie o scuole, portano all’organizzazione di un gruppo spontaneo di volontari che riqualificano e ridanno vita ad alcuni locali dismessi di una comunità religiosa delle Madri della Carità Canossiane, nel cuore di Verona, tra i quartieri Valdonega e Borgo Trento e in prossimità di importanti istituti secondari di secondo grado: nasce così “Casa di Deborah”. Forse lei non avrebbe voluto tutta questa risonanza…

Nel tempo si costituisce un gruppo di lavoro guidato dalla dott.ssa Giuseppina Vellone, che garantisce una presenza costante per gli adolescenti e i familiari; coordina il gruppo dei volontari Michela Rota, madre canossiana e counselor in formazione della comunità ospitante e Giordano Campagnola, caposala di chirurgia in pensione e volontario.

Con l’aumentare della complessità dell’iniziativa e la necessità di un confronto su quanto accade, il gruppo si avvale di una supervisione mensile con la psicoterapeuta dott.ssa Barbara Busetto, a disposizione anche dei volontari. Viene anche implementato un educatore, dott. Francesco De Guidi e lo “spazio” diventa un esperimento work in progress, dove le opportunità e le criticità portano via via a sviluppare un metodo di lavoro, seppur in continua evoluzione.

L’attenzione progettuale si focalizza sul circolo virtuoso che nasce dall’interazione tra il gruppo dei ragazzi e il gruppo dei volontari. “Un gruppo di operatori può formare un contenitore sufficientemente in grado di contenere i temi traumatici o inaffrontabili per il gruppo familiare; esso può svolgere quella funzione di mente-contenitore […]” (F.Comelli).

Con frequenza sempre maggiore, i volontari ci comunicano che il passare del tempo al centro, le attività di formazione e le iniziative culturali vissute insieme sono state determinanti nell’aiutarli ad affrontare momenti di fatica. I ragazzi instaurano profondi legami con gli adulti, che diventano riferimenti su cui possono contare in momenti di criticità evolutiva. “E’ sufficiente un solo legame di attaccamento sicuro, stabile e rassicurante, con una Figura di Attaccamento, anche esterna alla famiglia, per neutralizzare gli effetti di insicurezza provenienti dal rapporto con i genitori…” (Maura Anfossi).

Durante gli anni del Covid, l’attività di Famiglie per la Famiglia ONLUS e di Casa di Deborah rallentano ma non si fermano: gli appuntamenti tra equipe, volontari e ragazzi vengono trasformati in incontri e progetti a distanza ma non per questo meno intensi o coinvolgenti. Inoltre, Giuseppina aiutata da Barbara apre una stanza di ascolto virtuale riuscendo a svolgere numerosissimi colloqui a distanza gratuitamente

Nell’alternanza di chiusure e riaperture, il pensiero dell’intergenerazionalità, che ha animato la progettualità fin dal principio, trova concretezza. Nell’autunno del 2021 vengono creati due gruppi di lavoro distinti: un primo gruppo, psicopedagogico, si occupa del coordinamento e del monitoraggio del lavoro con i ragazzi e un secondo affianca, organizza, supporta e forma il gruppo dei volontari. Contemporaneamente, Casa di Deborah inizia a collaborare anche con le scuole limitrofe, i servizi sociali e i servizi sanitari, caratterizzandosi per l’uso della sensorialità nel progetto educativo; la presenza di corsi e laboratori artistici; la partecipazione ad eventi culturali e la connotazione domestica e familiare dell’ambiente, organizzato sull’accoglienza ma permeato sempre sulla bellezza.

L’aumentare del numero di ragazzi e adulti che “abitano la casa” porta ad una ulteriore ridefinizione del gruppo di lavoro per far sì che l’intergenerazionalità sia una risorsa per tutti. A dicembre 2022, l’equipe multidisciplinare si compone come segue: la dott.ssa Vellone assume il ruolo di dirigente e responsabile, l’area psicopedagogica per i minori che ha come referente la dott.ssa Massimilla Manzini e conta due educatori (dott. Francesco De Guidi e dott.ssa Marianna Gatti) e un’area adulti che ha come riferimento la dott.ssa Barbara Busetto e una volontaria per il coordinamento (Teuteria Corazza, insegnante e collaboratrice del dirigente di una scuola vicina, ingaggiata dopo il pensionamento). Le due aree lavorano in sinergia e si confrontano costantemente per rendere fluida la dimensione gruppale. La supervisione viene affidata al dott.

Daniele Biondo, psicoanalista prestato al sociale.

Questi passaggi hanno portato a maggior chiarezza e definizione dei ruoli e dei compiti all’interno di Casa di Deborah; ci hanno fatto, inoltre, riflettere sulla necessità di uno sforzo continuo di monitoraggio e di comprensione reciproca per evitare il pericolo di scissioni. Abbiamo dovuto prestare tanta attenzione ai riverberi sull’equipe sia di alcune tematiche traumatizzanti sia di alcuni passaggi istituzionali destabilizzanti.

Lo sforzo, negli ultimi anni, si è quindi concentrato sulla costruzione di un dispositivo gruppale, che è una delle più adeguate risposte al funzionamento della mente adolescente. I legami affettivi che intercorrono tra generazioni attivano relazioni di cura.

Ciascuno può, contemporaneamente, ricevere e vedere valorizzate le proprie risorse. Il gruppo rappresenta una pietra miliare nella realizzazione del sé, un organizzatore psichico necessario per lo svolgimento del processo di soggettivazione (Biondo 2020); è proprio il gruppo il luogo elettivo della crescita per l’adolescente insieme alla presenza di adulti competenti che lo accompagnano nel processo di crescita. “Non si può eliminare l’incertezza ma si può scegliere di non essere dominati dalla paura. Per riuscire in ciò, è necessario il contributo degli adulti” (Morin)

A chi ci rivolgiamo

Casa di Deborah può accogliere, ad oggi, fino a 30 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 19 anni. Nel caso in cui fosse necessario, dopo il diciannovesimo anno di età, verrà garantito un supporto fino al completamento del ciclo di studi, formulando un patto educativo concentrato sulle autonomie e le responsabilità del giovane adulto, tenendo comunque conto di un coinvolgimento della famiglia. La composizione del gruppo è in questo momento per i 2/3 femminile e la media dell’età è di 16 anni. La natura dell’offerta e dell’accesso a Casa di Deborah cercano di mantenere un gruppo inclusivo che non venga saturato da interventi clinici urgenti, per salvaguardarne il carattere educativo e preventivo. Le prese in carico, di rilevanza clinica, vengono gestite in rete con i servizi ottenendo risultati significativi raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal patto educativo. L’attenzione ad alcuni disagi e alle risorse degli adolescenti ci coinvolge tutti in una riflessione multidisciplinare che si traduce in prassi condivise.

Presa in carico

Le richieste arrivano prevalentemente tramite passaparola tra genitori o associazioni locali, con richieste di supporto scolastico o relative a momenti di isolamento e fatica sociale. Ultimamente qualche ragazza o ragazzo sono arrivati su invito diretto tra pari, dinamica che sembra garantire un ingaggio veloce e molto solido. Una parte arriva su invio dei servizi sociali e sanitari e di insegnanti e dirigenti scolastici. La presa in carico ha una durata media di 2 anni, con prevalenza di prese in carico brevi, inferiori a un anno e anche di prese in carico superiori a tre anni.

La presa in carico è preceduta da un colloquio con il minore e la famiglia con il gruppo di lavoro psicopedagogico. Il colloquio è finalizzato alla raccolta di alcuni dati (life events, struttura e rete familiare, aspettative su di sé, sul futuro e sul percorso nel Centro, richieste da parte della famiglia o del minore) e alla stipulazione del patto educativo. In seguito a una visita del centro in attività, vi è una valutazione accurata del grado di compliance attraverso un breve confronto del solo adolescente e della sola famiglia con l’equipe. Dopo un eventuale momento di confronto tra i richiedenti, vengono illustrate al ragazzo le regole del centro e viene consegnata la documentazione necessaria, a sancire il momento di ingresso nel gruppo. Dopo circa un mese di attività, a seconda del grado di frequenza, viene fatto un colloquio di verifica per confermare o meno la presa in carico o la sua modalità. Questo colloquio è inoltre il momento in cui si stipula il primo patto educativo con la famiglia e l’adolescente, in cui si rileggono le richieste delle parti per tradurle in obiettivi raggiungibili tramite l’offerta di Casa di Deborah. Nel caso in cui i servizi sociosanitari siano coinvolti, vi è un passaggio di consegne o una presentazione del caso precedente al colloquio, che viene eventualmente arricchito da un momento di condivisione interistituzionale di ascolto e progettualità con il minore e la famiglia.

Offerta

Casa di Deborah è aperta dalle 13.30 alle 18.30 dal lunedì al venerdì. Fuori da questi orari, l’equipe al lavoro garantisce il presidio del luogo nel caso in cui elementi contingenziali, come gli orari dei trasporti o variazioni dell’orario scolastico, lo richiedessero. Nel momento dell’ingresso viene stipulato un accordo tra l’equipe, il minore e la famiglia riguardo i giorni e gli orari di frequenza. Eventuali variazioni di orario occasionali vanno comunicate dal genitore all’equipe mentre variazioni continuative portano alla stesura di un nuovo accordo. Questa flessibilità, regolata dell’accordo, ha permesso in molti casi una frequenza continuativa nonostante variazioni di orari della scuola, traslochi o altri impegni extrascolastici.

L’offerta di Casa di Deborah è prima di tutto quello di uno spazio di relazione e di accoglienza dove gli adolescenti possono fare gruppo e trovare un ambiente che li supporti nello svolgimento dei propri compiti evolutivi.

La presenza dei volontari, quasi tutti insegnanti delle scuole superiori in pensione, e dell’equipe consente, soprattutto, di fungere da soggetto genitoriale di transfert (Gutton, 1997) attraverso cui costruire la propria nuova soggettività. Tale processo passa anche attraverso la relazione con il volontario che accompagna il ragazzo nello svolgimento di attività didattiche che non vuole essere una semplice ripetizione ma un confronto e un sostegno soprattutto nelle materie nelle quali il ragazzo risulta in difficoltà. Il gruppo è contemporaneamente il primo strumento e il primo obiettivo dell’intervento: la regola, le attività, la scansione del tempo non sono mai del singolo ma del gruppo; la scansione temporale della giornata crea dei momenti che sono legati allo svolgimento di determinate attività: arrivo, con eventuale pranzo e accoglienza; un primo momento di studio, una pausa di tutto il gruppo in cui tutti si ritrovano, accompagnati da una tazza di the e un secondo momento di studio o di frequentazione dei corsi e dei laboratori organizzati.

I momenti così individuati diventano spontaneamente contenitori per momenti di parola, di elaborazione di gruppo e di condivisione che aiutano l’adolescente ad appartenere al gruppo e a traghettare le sofferenze legate al cambiamento. Gli educatori fungono da facilitatori nell’innescare processi gruppali di interpretazione del mondo interno ed esterno (McDougall). Il gruppo degli adulti è spesso interpellato dai ragazzi in queste elaborazioni, per avere punti di vista, confronto, esperienze, racconti. Un ruolo importante in questi scambi è lo sguardo di tenerezza che i volontari restituiscono (Gutton): in questa dinamica dialettica gli adulti e gli adolescenti compiono in parallelo la rinegoziazione del sé, avendo a disposizione un campo in cui sperimentare.

Casa di Deborah permette ai ragazzi di partecipare anche a diversi corsi (musica, disegno e scrittura creativa), in cui hanno la possibilità di sperimentarsi, di fare delle prove e di creare uno spazio transizionale, pensante e trasformativo che queste attività possono favorire. Questi corsi permettono, attraverso la dimensione corporea e sensoriale, la possibilità di esprimere le potenzialità e le ansie legate al processo trasformativo dell’adolescenza.

Inoltre, in adolescenza è fondamentale poter “assaggiare” le cose, provare e mettersi alla prova; la possibilità di fare dei tentativi li rassicura riguardo la paura di fallire e di non essere all’altezza. Per questo gli strumenti musicali sono a disposizione e i ragazzi possono suonare anche al di fuori dell’ora del corso settimanale con l’insegnante. Durante il corso di disegno poi oltre ai ragazzi iscritti, qualche volta anche altri si aggiungono al gruppo incuriositi dalle attività. Infine, per quanto riguarda il corso di scrittura creativa, grazie alla collaborazione con il giornale Il Bullone di Milano, tutti i ragazzi, anche quelli che non sono ufficialmente iscritti al corso, hanno la possibilità di scrivere articoli che poi vengono pubblicati dando così parola a ciò che stanno vivendo.

Obiettivi

Gli obiettivi perseguiti hanno sia natura gruppale che individuale, con una prevalenza di obiettivi di natura educativa; sono volti a supportare le funzioni dell’io e puntano a supportare le ragazze e i ragazzi nello svolgimento dei compiti evolutivi.

Il gruppo diventa quindi, contemporaneamente, il primo obiettivo e il principale strumento di intervento.

Gli obiettivi individuali vengono delineati in sede di inserimento, con la raccolta della richiesta della famiglia, che viene rimodulata dall’equipe attraverso l’offerta del Centro di Aggregazione Intergenerazionale.

Il principale parametro di osservazione e di intervento resta il gruppo, sia cercando di cogliere come gli individui vi interagiscono ma soprattutto analizzando i contenuti emergenti dal gruppo stesso.

“Ma allora che ci guadagni?”

“Ci guadagno il colore del grano”

(Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry)

BIBLIOGRAFIA

Anfossi (2006), Relazioni ferite prendersi cura delle sofferenze nel rapporto Io-Tu

D. Biondo (2020); Psicoanalisi a scuola valutare e prevenire la dispersione scolastica, Vecchiarelli editoreBiondo (2020); Gruppo evolutivo e branco Strumenti e tecniche per la prevenzione e la cura dei nuovi disagi degli adolescenti, FrancoAngeli

Comelli, F. (2009). Curare istituzioni che curano. Mimesis editore

Gutton P. (2000), Psicoterapia e adolescenza, Roma, Borla

Gutton P. (2009), Il genio adolescente

McDougall, W. (1920). The group mind: a sketch of the principles of collective psychology with some attempt to apply them to the interpretation of national life and character. Putman.

Morin, E. (2013). Il mio pensiero. In Casalini,C. (a cura di). Edgar Morin parla con gli studenti. Milano: Edizioni Medusa.

Winnicott D.W. (1971), Gioco e realtà, Roma, Armando

Winnicott, D.W. (1974), Sviluppo affettivo e ambiente, Trad. it. Armando editore