Su questo portale si inaugura un nuovo spazio, “Psicoanalisi della Marginalità” dedicato a temi che si potrebbero definire psicoanalitici di frontiera. La “frontiera” molto spesso può essere intesa come ambito di eventi eccezionali che possono verificarsi raramente o comunque riguardare un esiguo numero di persone. Psicoanalitici dovrebbe connotare un particolare registro di intervento clinico spesso associato a particolari opportunità di intervento dove ci sia un sufficiente setting ed uno psicoanalista che riesca a portare la teoria psicoanalitica. Quindi Psicoanalitico di frontiera dovrebbe connotare un particolare ambito clinico dove applicare la teoria e la clinica psicoanalitica. Pensiamo che questo approccio sia riduttivo se non persino contraddittorio rispetto alla posizione psicoanalitica rigorosamente orientata alle trasformazioni dinamiche della concretezza degli eventi.
Quindi, ci viene da precisare quali vogliono essere i contenuti e l’indirizzo di questo spazio che definiamo “Psicoanalisi della Marginalità”.
“Frontiera” per quanto ci riguarda non ha connotati quantitativi o topici, ma soprattutto descrive una precisa posizione soprattutto teorica. Si tratta di individuare e riflettere su ambiti che possono apparire “estremi” solo per alcune caratteristiche che il contesto sociale può attribuire loro. Nella sostanza porsi in una posizione di frontiera rappresenta a nostro avviso solo una precisa e particolare posizione di osservazione indipendentemente dal fenomeno che si osserva. Che poi i fenomeni siano connotati come “di confine” è solo una definizione concreta del contesto sociale. Ovvero: le dinamiche che ci interessano sono largamente riscontrabili in tutti gli ambiti dei processi mentali. La dimensione di confine, semplicemente ne definisce le caratteristiche comunque ubiquitarie in ogni processo mentale. In sostanza il confine per noi ha una dimensione particolarmente ampia.
Per psicoanalitico intendiamo il metodo di osservazione e il riferimento a dimensioni inconsce che i fenomeni osservati permettono. Quindi ci interessa la presenza di un analista in funzione, con il proprio bagaglio teorico e clinico che sappia leggere sul piano inconscio i fenomeni relazionali, soggettivi e intersoggettivi. I setting possibili non definiscono la specificità del processo analitico, ma riteniamo che la funzione analitica possa essere attiva in ogni evento di della nostra vita e, proprio in quanto “analitica” possa usare ogni tipo di setting. Psicoanalitica è quella specifica posizione capace di rendere setting le condizioni concrete più varie, accettandole e rispettandole per come esse si presentano.
In questo spazio che si apre, “Psicoanalisi della Marginalità” il campo di osservazione che il contesto sociale, quindi, può connotare come “di marginalità” riguarda l’ambito dei soggetti migranti, di povertà sociale e di soggetti Senza Dimora, soprattutto quando questi presentino evidenti problematiche di ordine psicopatologico fino alla esplicita posizione di “non-collaborazione”. Da questa area di osservazione cerchiamo continuamente di cogliere dinamiche di ordine inconscio capaci di spiegare sofferenze e permettere possibili percorsi di trasformazione della sofferenza dove l’elemento sociale non giustifica da solo la sofferenza, ma ne può permettere percorsi di trasformazione.
Si proporranno, quindi, soprattutto storie di vita e possibili percorsi di riattivazione di processi traumaticamente sospesi. Si tratta di uno spazio di presentazione e riflessione su processi di marginalità aperto ai vari operatori, non necessariamente “esperti” del settore e soprattutto non necessariamente psicoanalisti. Operatori capaci di rappresentarsi all’interno del campo di osservazione dove si compiono fenomeni di comune marginalità.